Appunti di artista per: Antinoo e l'Imperatore Adriano (Roma, anno 123)
Lui è Antinoo. Nasce a Claudiopoli il 27 novembre 110. I
suoi genitori sono proprietari terrieri e lo educano allo studio. E’ un ragazzo
intelligente, sa leggere e scrivere, ama la poesia e conosce a memoria i versi
di Omero. Ha tredici anni ed è bellissimo: sotto un casco di riccioli scuri e
spettinati, le sopracciglia sembrano disegnate col carbone, gli occhi sono
dolci e la piccola ma carnosa bocca pare imbronciata anche quando sorride. In
città, non passa inosservata la sua spiccata sensualità e l’aspetto femmineo ma
lui risponde agli sguardi abbassando il capo, timido. Oggi è un giorno
speciale: arriverà in visita uno straniero importante di cui parlano tutti e la
sua curiosità lo porta sulla strada che accoglierà il grande politico di Roma.
Eccolo, quell’uomo severo che incute rispetto: un combattente affascinante, con
la fierezza dell’esperienza: ha una barba folta fuori moda e malgrado ciò si
notano le guance tonde. Basta un attimo perché si incrocino i loro sguardi e ne
nasca un’intesa. Antinoo è felice. Sarà ospite per tutto il tempo che vorrà
nella villa del magnate, a Tivoli; potrà studiare e dedicarsi alla letteratura,
all’arte e alla caccia e avrà l’onore di poter chiamare per nome quel signore:
Adriano. Si separano per due anni: l’uno cresce nel corpo, ma anche
nell’educazione, l’altro prosegue i viaggi di lavoro. Al rientro a casa, il
matrimonio di Adriano è ormai naufragato; la moglie Vibia Sabina è stanca di
quella vita coniugale piena di assenze e di tradimenti ma rimangono ugualmente
a vivere sotto lo stesso tetto, nel rispetto del ruolo e di loro stessi.
Antinoo lo ha atteso, lo sostiene ed è al suo fianco, anche quando prende
decisioni criticabili nei confronti della comunità ebraica. E’ con lui quando
depotenzia parte della legione al confine, quando ispeziona la provincia
d’Africa, quando partecipa all’addestramento delle truppe. E c’è per parlare di
filosofia guardando le stelle e per stendersi accanto a lui. “Vado in Grecia,
al festival dei riti eleusini: vieni con me?”. Il viaggio è lungo ma le
giornate insieme sono preziose, come i loro abbracci. Nelle notti fredde di
febbraio il cielo è terso e le costellazioni appaiono basse verso occidente.
Insieme cercano la stella Polare sulla linea del Grande Carro o indicano, a
turno, Castore e Polluce. Giunti ad Atene bevono l’acqua che li fa assopire (la
birra), mangiano focacce al sesamo e poi si purificano nel torrente Ilisso.
Seguono altri giorni e altri riti al tempio, e ancora, danze alla luce delle
fiaccole. Durante il rientro a Roma li accompagna la luna piena. Passano gli
anni e aumentano i pettegolezzi, ma il loro legame rimane saldo, nonostante la
saltuaria comparsa di altri ragazzi nella vita di Adriano. Ma giunge il mese di
ottobre dell’anno 130. Lasciata Alessandria d’Egitto, i due, seguiti sulla
flottiglia dalla scorta, proseguono per Menfi, sulla sponda destra del Nilo.
D’improvviso la disgrazia: Antinoo è risucchiato dall’acqua, in circostanze
misteriose. Si considerano tutte le ipotesi ma sia il suicidio, sia l’omicidio per
gelosia, sia l’annegamento accidentale, rimangono al vaglio. Non si saprà mai la
verità. Adriano è preda della disperazione; non dorme, sta male e si sente solo
al mondo, per la prima volta. Finché una sera una stella cadente attraversa il
cielo e si fa largo in lui il pensiero di donare l’eternità all’adorato giovane.
Utilizza ogni sua possibilità: dissemina la villa di statue scolpite a sua
immagine, fa coniare monete col suo profilo, consacra il fior di loto rosso col
suo nome e istituisce un giorno di festa nella ricorrenza della data di
nascita. E per ricordarlo nei millenni a venire, col desiderio che anche le
loro conversazioni notturne tra cieli stellati non si perdano nell’oscurità,
gli intitola la costellazione di “Antinous”. Così agisce l’Imperatore Adriano.

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